Uranio impoverito, c’è la commissione d’inchiesta. “Più di 300 militari morti dal 1991″

Nei prossimi due anni, la commissione dovrà fare luce sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito i militari impiegati in missioni all’estero, nei poligoni di tiro e nei depositi di munizioni. Non solo: approfondirà anche tematiche legate ai vaccini e alle loro modalità di somministrazione, ai rischi connessi al gas radon e all’amianto con i quali i militari sono a contatto.
“Sono ancora tanti, troppi i dubbi e gli aspetti poco chiari intorno a questa drammatica vicenda, a partire da tesi scientifiche non coincidenti circa la causa delle patologie – dichiara il deputato Emanuele Scagliusi della Commissione Affari Esteri della Camera – Quel che è certo, invece, è che ci sono tanti ragazzi pugliesi che hanno servito la Patria e che sono stati dimenticati dalle istituzioni e snobbati dalle Autorità, le quali hanno lasciato cadere un velo di omertà su questa vergogna. Un tragico elenco, solamente parziale viste le poche famiglie che hanno denunciato”.
Il metallo pesante è stato impiegato sempre, fin dal 1991, cioè dalla Guerra del Golfo della «Operation Desert Storm», in poi. In base alle stime di osservatoriomilitare.it sono oltre 3.600 i militari italiani che si sono ammalati dopo aver operato in missioni nei Balcani, in Iraq, e in Afghanistan e, di questi, 318 sono morti.
“Ci aspettiamo la massima collaborazione, da parte di tutti. In caso contrario, segnaleremo eventuali omissionisia in sede istituzionale sia in pubblico. 
Vogliamo che questa commissione di inchiesta, l’ennesima che si occuperà di uranio impoverito, sia quella che renda definitivamente giustizia ai nostri militari morti, che si sono ammalati gravemente nonché alle loro famiglie. 
A questi cittadini italiani, che hanno servito il Paese, dobbiamo verità e vicinanza da parte delle Stato – conclude Emanuele Scagliusi (M5S) – Un dovere che spetta in primis alle nostre Forze Armate: proprio il rispetto verso la Patria che servono e difendono non può andare di pari passo con il trincerarsi ulteriormente dietro alle gerarchie”.

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